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SANGUINETA

 

Nella passeggiata in occasione della visita all’Agriturismo Cà di Malfolle, di cui riporto qui sotto alcune mie foto,  abbiamo raggiunto Sanguineta. In molti ci siamo chiesti quali siano le origini di questo luogo del quale ancora oggi si percepiscono segni di una storia antica. Così ho pensato di ricopiare qui alcune cose che ho trovato nei libri di Fantini, Palmieri, e Calindri per chi fosse interessato. Su Malfolle ci sono altre informazioni qui.

 

Nella sua “la montagna bolognese del medioevo”, citando Savioli, Arturo Palmieri afferma che “il popolo di Sanguineta si agitava con successo fin dai primi anni del 1100 ed in principio di questo secolo sembrava già costituito il comune rurale in quella terra ed in altre vicine”.

Per quanto riguarda la demografia, in un estimo del 1303 sono riportate in vari comuni del territorio: Sanguineta 13 fumanti, Capriglia 15, Rodiano 30, Prunarolo 27, Liserna 19, Susano 39, Cereglio 47, Labante 122, Porretta 12, Monzuno 49, Savigno 91, Casalecchio di Reno 58, Bezano e Malfolle 24, Salvaro e sasso pertuso 19, Caprara sopra a Panico 83, Panico 31, Luminasio 54, ecc..

Sempre Palmieri, nel capitolo “Le strade del Reno e del Setta”, afferma che la strada occidentale (citata negli istituti bolognesi del 1250 che ne ordinavano la riparazione), dopo aver passato il Reno sul ponte di Casalecchio, si manteneva a basso livello fino a Pontecchio, cominciava ad elevarsi a Castel del Vescovo, sovrastava al massiccio di Sasso, toccava le chiese di Jano e Luminasio, poi passava per Venola e Bezano, quindi saliva a Sanguineta, Capriglia, Vergato, Montecavallo, Riola. Passava il Reno sull’antico ponte di Savignano, risaliva a Casio e per Moscacchia raggiungeva la collina pistoiese e discendeva a Pistoia.

Qui di seguito ho ricopiato alcuni passaggi dai testi di Palmieri e Calindri. Ho anche messo alcune delle foto di Fantini, dal suo famoso libro Antichi edifici dell'Appenino Bolognese.

 


Luigi Fantini - Antichi edifici della montagna bolognese

 

 

Sanguineta (Calvenzano). Angolo del parco della « Sanguinetana Villa » con merli ghibellini in arenaria, ridotti, come si vede da questa foto, all'umile ruolo di fungere da « parapetti ». Ve ne sono molti altri sparsi un po' ovunque nel parco stesso. La loro presenza induce a pensare, data anche la storica località, provengano da un castello già esistente ove ora è la casa.

La cosa si presenta unica nell'Appennino bolognese (giugno 1971)

   Sanguineta (Calvenzano). Porta murata con l'architrave da-1477, posta a sinistra, in alto, nel muro (giugno 1971)
   Sanguineta (Calvenzano). Torre e case danneggiate da eventi bellici (giugno 1971)

 

 

 

 

 

 

ARTURO PALMIERI – LA MONTAGNA BOLOGNESE NEL MEDIOEVO

(scannerizzato con OCR quindi in alcuni casi potrebbero esserci errori. Inoltre la lingua del Calindri è arcaica e non scorrevole)

 

Commercio

Più sopra, a Canovella, eravi una fabbrica di stuoie di paveria (in bolognese pavira) pianta coltivata in luogo. Un Galvani di quella terra è spesso nominato negli Atti del Vicariato di Caprara come attore in giudizio contro compratori di stuoie anche per somme notevoli. Servivano specialmente per l'allevamento del baco da seta, che in que­sta zona era molto coltivato. I boschi circostanti offrivano materia abbondante per il mercato della legna e del carbone esercitato da vari paesani. Luoghi spesso nominati negli atti per questioni di commercio sono Brigaci o Brigadello, Sperticano, Venola dove pure si vendevano stuoie, Montasico e Bezano. Era una zona nella quale venivano coltivati in modo speciale il baco da seta ed il lino.

Lungo la strada, verso Porretta, i due centri commerciali maggiori prima di Vergato erano Sibano e Sanguineta. Quello era punto di fermata dei viaggiatori che percorrevano la strada ad occidente del Reno. Aveva quindi alloggi discreti. Vi vediamo prender dimora persone pulite. L'ufficiale incari­cato dal Comune di Bologna nel 1395 di dirigere le opera­zioni di censimento nell'Appennino centrale prese stanza a Sibano benchè il capoluogo della comunità fosse Venola. Il borgo di Sanguineta era anche più importante. Formava co­mune a sè e possedeva più di una bottega nelle quali si ven­devano spezierie, sandali ed olio. Alla fine del '1300 vi era un servizio di cavalcatura tenuto da un Pellegrino Mandati., che aveva anche una vendita di arconi da balestra: una delle armi più usate in quel tempo. Questa terra era residenza di notai e ciò conferma la sua attività commerciale.

 

Caprara sopra Panico

Vicariato costituito nel 1376 ebbe soggette le terre di Caprara, Carviano, Sirano e Pariano, Canovella, Battidizzo, Badalo, Malfolle, Venola , Caviglia, Montelungo e Favale, Fagnano, Elle e Polverara, Veggio, Folisano, Valle di Ronco e Praduro, Lucerna, Luminasio, Brigadello, Salvalo e Sasso Pertuso, Panico, Sanguineta, Vado.

Nel 1396 a queste terre furono aggiunte quelle di Grizzana e Rocca di Setta. Non figurano nell'estimo di detto anno le terre di Badalo e Battidizzo, che ricompaiono sotto Caprara negli Statuti del 1453, mentre prima erano state sottomesse direttamente a Bologna. La circoscrizione si mantenne fino ai primi anni del secolo XVI.

Nel 1539 furono nuovamente aggregati a Bologna Badalo e Battidizzo mentre Vado e Brigadello passarono a Monzuno. Negli atti del 1557 i Comuni sono elencati colle ville, che li compongono e da tale ripartizione risultano i seguenti gruppi: Caprara con Casaglia è capoluogo del comune, di
cui fa parte la villa di, Sperticano; Salvaro è comune a sé; Veggio, Grizzana e Carviano formano un comune con capo­luogo in Veggio. Vergato, Sanguineta, Malfolle, Venola e Pa­nico formano altrettanti comuni distinti. Luminasio è co­mune con Medelana; Sasso con Praduro; Canovella con Folesano; Casola con Ignano, Stanzano e, Sirano. Poche varianti hanno questi centri amministrativi nella costituzione del 1803. Caprara sopra Panico è sempre unito a Casaglia e Sperticano e fa parte del distretto del Sasso. Casola con Ignano, Stanzano e Sirano forma comune nello stesso di­stretto, così pure Luminaso con Medelana, e Panico con Ve­nola e Malfolle. Grizzana è sempre unita con Veggio; Car­viano è invece aggiunto a Salvaro. Queste quattro terre for­marono due comuni distinti compresi nel distretto di Ver­gato. La terra di Vergato unita a Liserna, Cereglio e Sanguineta formò centro amministrativo a sè. In tal modo i co­muni dell'antico vicariato di Caprara passarono quasi intatti nei distretti del Sasso e di Vergato. Quest'ultimo comprese anche terre dei Vicariati di Rocca Pitigliana e di Casio. I co­muni minori, quando nella costituzione contemporanea fu­rono aggruppati per dare origine ai più vasti, passarono in cinque circoscrizioni distinte. Quelli di Grizzaua con Veggio e di Salvaro con Carviano formarono l'attuale comune di Grizzana, al quale furono aggiunti i centri amministrativi di Tavernola con Stanco e Prada, Monteacutoragazza, e Vimignano con Savignano già dipendenti dal vicariato di Casio assoggettati nel 1803 al distretto di Vergato. Gli antichi comuni di Panico con Malfolle e Venola, di Luminaso con Medelana, di Caprara con Casaglia e Sperticano entrarono a comporre l'odierno comune di Marzabotto, del quale fanno parte Canovella ed Ignano staccati dal comune di Casola so­pra Sirano, e Montasico a cui fu tolto Vedegheto e sottoposto a Savigno. Il rimanente entrò nei comuni di Vergato e di Praduro e Sasso.

 

SEVERINO CALINDRI

(scannerizzato con OCR quindi in alcuni casi potrebbero esserci errori. Inoltre la lingua del Calindri è arcaica e non scorrevole)

 

CALVENZANO. (Fuori di Porta Saragozza nel Comune di Sanguineta in riva al Fiume Reno, fra' Monti alla sinistra del detto Fiu­me a Bologna venendo, e pochissimo distante dalla Via maestra che da Bologna conduce Bagni della Porretta.)

É al suo Arciprete questa Pieve, per la distribuzione delle sue Case parrocchiali quà e là sparse nei Monti, una delle più incommode di tutta la Diocesi montana. Ascen­de la sua Popolazione a 221 Anime divise in 39 Famiglie, ed è il suo territorio confinato da quelli di Malfolle, di Montasico, di Vedegheto , di Rodía­no, di Lisèrna, di Salvaro. E' la sua Chiesa non molto grande, ma una delle belle da vedersi nel­la Diocesi montana, ed ultimamente è stata arric­chita di un ben disegnato tabernacolo dorato nell'Altare maggiore, co' suoi gradini, e finimento com­pagno a tutto lo Altare, fatto fare dal zelante gar­batissimo vivente Arciprete D. Giacomo Monti. Il suo titolare è S. Apollinare, ed il Quadro che lo rappresenta, lì vuole opera sia dell' immortale Caracci. Alla destra per chi entra nelle laterali Cappelle vi è una molto ben fatta copia di un, Crocifisso del Guido Reni; il Transito di San Giuseppe di molto buona mano. Appartiene la no­mina di quella Pieve al presente alla Famiglia Marsigli. Ha tre Oratori pubblici sotto di se, cioè la Madonna de' Boschi lungo la via maestra a non molta distanza dalla Chiesa; ed era una volta custodito da un Eremita, di che ora altro vestigio non rimane, che di due anguste cellette parte murate parte incavate nel sasso, che fa sponda alla medesima Via; è quell' Oratorio d' immediata giurisdizione della Pieve. Sono gli altri S. An­drea di Casalino, S. Felice Capuccino di Sanguineta. Le Chiese le quali presentemente compongono la sua Congregazione sono cinque, cioè Liserna, Malfolle, Prunarolo, Rodiano, e Vergato. L' aria vi è perfetta in tutta la estensione del suo territorio

ne i morti adulti arrivano all’un per cento ad anno. Corrisponde la sua fertilità alla sua situa­zione, abbenchè l’industria de' Possidenti siasi al­quanto estesa; produce non molta Uva, ma buo­na respettivamente al sito ed al clima, Frutte mol­te, specialmente Mele e Noci; Legna da fuoco molta; Carbone poco; Castagne pochissime; Seta al presente poca , e la quarta parte circa di quel­lo raccoglievasene una volta , prima che perisse quantità di Mori; pochissima Canape; pochissimo Fieno; molti pascoli; tre in quattro misure dal Grano, e tre da' MarzatelIi sono il restante frutto di questo Territorio . Fuori di un Sarto altro artista non v'è in questa Pieve, forse causa la vicinanza della Terra del Vergato, dove e per le tue Fiere e Mercati , e fra settimana, ha questo Popolo il modo da provvedersi del bisognevole.

In sito detto “contro il Casolàro” fummo avver­titi esservi una scaturigine sulfurea, mà per la mancanza di una guida pratica, e per la mala­gevolezza del luogo, non ci fu permesso accertarsene in persona. Il suolo di questo Territorio è cretoso ed arenoso, e lungo il Reno ghiaioso, e la tua interna parte é composta da Scoglio arenario in grossissime masse disposte a strato, disseminate di quando in quando, allorché scendono fino al Reno, di segnàli di Pesci ridotti in grumi giallastri arenosi, e del tutto friabili al toccarli ed al maneggiarli; da' strati di arena indurita a consistenza di tufo, frastagliati da qualche strato di sassi, e da scoglio calcareo, e da scoglio argillaceo nelle maggiori profondità. Quasi diremmo, che alcuni filoncelli d'impura miniera di Stagno attraversino lo scoglio, arenario in vari luoghi, ed a varie altezze, ma (essendo) la magrezza de' medesimi, e la mancanza del comodo di poterne fare un qualche saggio ci fece tirare avanti, senza molto trattenersi per accertare il nostro sospetto. Verso Sanguineta nel sito detto la “Via guasta” vidi­mo alcune piccole cappette per lo più col guscio calcinato, che preso in mano riduceasi in farina, di quando in quando sparse fra le masse dello scoglio cretoso, e dell'argilloso; e nuclei di Dentali, di Lumache marine, di Telline ecc. ora coperti da qualche porzione di guscio, ora nò, ma e trovansi tali cose non molto frequenti, e non si vedono a strati disposte. Sotto la più alta cima di Monte Radicchio evvi un colle sulla cui vetta esistono le ro­vine di una antica Ròcca, e chiamati ancora la Rocca. Noi dubiteremmo potesse essere l'antica Sanguineta, rimanendo poco distante dal sito ora con tale nome chiamato, ed avendo al di sotto un ripiano con segnali di fabbriche, che forte fu l'abitato di quell' antica Popolazione. Due altre Torri esistono quasi però al suolo uguagliate, una detta “la Torre” poco distante dal luogo presentemente chiamato Sanguineta, l'altra in un rialto a poca distanza dal Rio Molinello prima del suo ingresso nel Reno, e non molto distante da altra Rocca rovinata detta il “Castelluccio” sull' altura che domina Cavriglio ora Borghetto, e già Popolazio­ne numerosa, come si dirà a suo luogo. Bella e ben fabricata con le sue feritoie, o balestriere, è la Torre compresa nel fabricato della Canonica, sembra lavoro di oltre quattro Secoli, e sembra fatta per guardia della vicina Via Maestra e del Reno, secondo l'uso di que' tempi. Due sono i Borghetti compresi in questo Territorio e Pieve, cioè Cavriglio di Fam. 4, Sanguineta con Oratorio di Fam. 2.

Che sia quella Pieve molto antica , e che più estesa fosse la tua giurisdizione, o dicasi la sua Congregazione, è certo per le notizie lasciateci da chi fece gli antichi Elenchi delle Chiese bolognesi; poichè in quello del 1356 rilevasi, che avea sotto di se le seguenti tredici Chiese. S.Nicolò de Bezano al presente Oratorio soggetto a Malfolle. S. Maria de Dontalfole , ora Malfolle. S. Margarina de Carvenzano ora di Carviano. S. Maria de Pino de' Prunaroli ora chiamata il Castello affatto distrutta. S. Michele de' Salvarii ora Pie­ve. S. Pietro de Saxo Pertuxo ora S. Pietro di Mon­te pertuso unito alla Pieve di Salvaro. S. Stefano de Rudignano, ora affatto demolito e rimasto il so­lo nome ad un luogo della Chiesa presente di Rodiàno. S. Salvatore de Rudignano ora Rodiàno. S. Andrea de Caprilia Chiesa affatto demolita, le di cui rovine vedonsi sopra il presente borghetto di Cavriglio. S. Lorenzo de Prunarolo al presente S. Maria e S. Lorenzo unite di Prunaròlo. S. Lo­renzo de Castro novo ora sussidiale di Labante. S. Stefano de Labanto ora pingue Abadia. S. Michele de Sangueneta forse esistente nel sito detto la Rocca accennato di sopra, e dove esiste una Croce a cui và la processione in tempo delle Rogazioni. Da chi, e quando abbia desunto il nome di Calvenzàno è del tutto ignoto nella Storia bolognese, nella quale non trovasi mai ricordato questo Luogo. Se vero è, quanto ne dice il Dolfi, nel 1535 (I) deve questo luogo essere stato compreso nella vasta contea di Clemente VII. Data a Niccolò di Alberto Castelli.

 

MALFOLLE (Fuori di Porta Saragozza lontano dalla Città i 18 mi­glia circa nell’alto di un Monte, che sorge tra il Torrente Venola , e la Via maestra che da Bologna conduce ai Bagni della Porretta, e nel Pistoiese). Comune e Parrocchia com­posta da 210 Anime divise in 38 famiglie, e con­finata dalle Pievi di Calvenzàno, di Salvaro, di S. Martino in Caprara, e di Venola, alla prima delle quali è soggetta nello spirituale, e dalle Parrocchie di Rodiàno , e di Montasico . La sua Chiefa è di buona architettura, avvenente, e be­ne amministrata dal buon Parroco D. Giovan Paolo Baccarini; il suo titolare è S. Maria, e la colla­zione appartiene liberamente alla Mensa Arcivescovile di Bologna. Due sono gli Oratori compresi nel suo distretto uno cioè S. Niccolò di Bezzano alla giurisdizione del Parroco immediatamente uni­to, e la di cui Campana è uno di que' bronzi che vanta oltre 400 anni di età, fatta dal fondi­tore Martino; l'altro è S. Rocco di Sibàno di ra­gione de' Fratelli Mazzetti (167). L' Aria generalmente è buona, non morendo di adulti che circa I' un per cento all'anno. Rende questo territorio a' proprietari molta Uva , molte Frutta , molta Ghianda, molta Legna da fuoco, molta Seta, ab­bondante pascolo ad Erba dalle non poche sue terre a Sodo, poche Castagne, pochissima Cana­pe, non molta quantità di Fieno, circa quattro misure per ogni semente dal Grano, e circa tre da' Marzatelli. Due soli sono gli Artieri in questo territorio, cioè un Fabbro, ed un Falegname. Un acqua Sulfurea scaturisce non molto distante dalla Ca nova e poco sopra la strada Maestra. Il terreno in parte è argilloso, in parte cretoso, in parte arenoso con strati di arena indurita a, consistenza di duro Scoglio, e tagliati fin presso le altezze de' più alti Monti da banchi di più piedi d' altezza di ghiaie e di Sassi fluviatili. Pochissimi gusci calcinati di Foladi e di Telline abbiam quivi veduto, Ocre rosse ferruginose, e ramine, ed una miniera povera di Ferro e di Rame del genere delle sub acquose, oltre quantità di Marcafssita, e farà questa un grosso Sasso calcareo di circa un piede di lunghezza, e mezzo di larghezza, e quat­tr'oncie di grossezza d'ogn' intorno vestito di questo minerale di figure ottaedre. La inesattezza di un amico, a cui lo lasciammo, ci ha lasciato guastare il detto Sasso, da un non intendente di Storia naturale, che il fè tritolare col martello invaghito di portar seco in pezzi la sua bella veste marcassi tosa, ed in tuttociò consistono le produzioni fossili, che in questo territorio ci é riuscito di vede­re. Due sono i Borghetti di questo territorio cioè

Bezzàno di Fam. 3.    Sibàno adì Fam. 8.

Sussistono tuttora le fondamenta dell' antica Ròcca detta di Domalfolle non molto lontano dal­la presente Chiesa Parrocchiale in un Montanello elevato sopra della medesima più pertiche, detto il Monte della Torrazza, son grosse le mura rima­ste sopra terra piedi cinque ed essendonsi verso la strada maestra e per di dietro piedi 45 , e 30 ai due lati, vi era annesso un Cassaro lungo 70 pie­di , largo 40 e dominava questa antica Fortezza i Monti di Vigòne, della Castellina di Venola, il Castello di Montasico, e porzione della Valle di Reno. Appartenne questa Ròcca a' Conti da Pa­nico, e del 1323. la possedeva Maghinardo da Pa­nico, il quale secondo l’Alidosi la sottopose, o rassegnò, al Consiglio di Bologna, che alli 7- di Ot­tobre ne decretò di quello stesso anno la demoli­zione (168). Nel 1332 un divoratore incendio distrusse quantità di Case senza poterne salvare ne bestiami ne mobili tanto nel Borgo di Malfolle in allora detto Domalfolle ed ora distrutto, che in Bezzano.

(167) Noi desideriamo , che sian veduti i lavori fatti per contenere il Reno ne' suoi limiti, e le bonificazioni di ogni genere con le quali hanno ridotte le loro Possessioni ed Imprese i Fratelli D. Gio: Angelo, e Pietro Mazzetti per così dire, a Giardini, onde assicurarsi, se la lode di utili Cit­tadini, e di utilissimi Agricoltori che loro diamo ad essi sia dovuta, e meritan perciò di essere da altri molti imitati a vantaggio del ben pubblico. Così ci renderemmo esenti dalla taccia, che qualcuno volesse darci, di avere inferta questa loro dovuta lode per gratitudine de' tanti ricevuti favori e finezze da' medesimi (per cui lor professeremo una perpetua riconoscenza) più che da vero merito, come noi ci pregiamo di fare ed in questa, ed in ogni altra occasione.

RODIANO (a). Comune e Parrocchia com­posta da 301 Anime divise in 63 Famiglie. S. Salvatore è il suo titolare, ed alla Mensa Arcivescovile appartiene il diritto immediato di col­lazione; è una delle belle Chiese della Diocesi Montana, di ordine Corintio, con sei cappelloni, e con stucchi a rilievo, ha il Fonte battesimale, fù quivi edificata circa 600 passi lontano dalla più antica che due lavine squarciarono in più parti, e vi fa detta la prima Messa alli 8 Set­tembre del 1657 e fa abbellita con stucchi a ri­lievo nel 1681; ora è uffiziata e tenuta con tutta decenza e proprietà dalla religiosa cu­ra del gentile parroco D. Antonio Sacchetti .

Appartiene alla Congregazione di Calvenzano, co­me sempre ha appartenuto insieme con l' altra Chiesa esistente nello stesso Comune nel 1366, ed ora del tutto diroccata, e già dedicata a S. Stefano, nominandosi nello elenco di quella età questo Comune Rudignano. La Pieve di Calvenzàno, Malfolle, Vedegheto, Tolèto, Prunarolo, e Liserna sono le parrocchie ed i Popoli, che questo che descriviamo confinano. S. Gio. Battista de' Mascagni , e B. Vergine di Croce Martina son gl'Oratori ora compresi nel parrocchiale distretto di questo Comune; quest'ultimo fa eretto circa il 1644 per opera de' Lanzarini che ne fecero la maggior parte della spesa che importò la sua fabbrica; è Santuario di concorso, e vi è quasi annessa una Osteria. Pochissima e cattiva Uva, non molte Frutta, molta Ghianda, non molte Castagne, moltissimi Boschi a Legna, sufficiente quantità di Fieno, molte terre a sodo, pochissima Seta, e tre misure per ogni semente dal Grano e da Marzatelli sono i prodotti e do­ve si fanno i raccolti annui di questo territorio, nel quale due Fabbri, un Muratore, un Calzola­io, un Sarto, un Molinaro esercitan le Arti respettive, e alcuni fan professione di lavorare le Burghe da riporre il Grano ed i Marzatelli e Legumi, industria che meriterebbe di essere anima­ta, e varie stoviglie, o mobilie estere, risparmierebbonsi se alla Città fosser condotte con facilità e pochissima spesa, come potrebbe farsi , nel caso si eseguisse la condotta della Legna per acqua, della quale abbiam già parlato all’arti­colo Rastignano, e col tempo potrebber prende­re esito pel naviglio ancora presso gl'Esteri.

Il numero ordinario de' morti adulti, i quali non giungono a tre all'anno addita la buona a­ria che godesi in questo territorio. Nel Canale di Scattone sotto il luogo detto Campo Porcellino scaturisce una sorgente solfurea di non molta conseguenza ma la quale potrebbe indursi ad utili­tà per taluni mali delle bestie bovine con poca o niuna spesa, e con molto vantaggio, ma gl'uomini o ingrati a benefici del Creatore, o ignoranti del bene vicino che possiedono, non s' industriano se non in quelle cose che hanno dello straordinario, inclinazione o costume che crediamo ben riposta tra il molto numero delle miserie umane. Nel torrente Venola eran già due Molini uno l'esistente de' Lanzarini, l'altro del Cozzo diroccato e detto ora dei Zoppi Barazia, il quale potrebbe ridursi a beneficio di questo e de' vicini Popoli, se non altro per macinare, e pilare le Castagne. Tre sono i Borghetti di questo territorio cioè

A la Cà sotto la Chiesa di famiglie 8.   Riolo di famiglie 4. Serra di famiglie 9.

Antico è questo Popolo, e se a questo luogo ap­partiene una Carta del 934 che esiste tra le scoperte

nonantolane , e nella quale vien nominato trà gl'altri luoghi quello di Rodiliana Tumba , in tale caso potiam dirlo altresì antichissimo, e dal no­me suddetto non sarebbe una stravaganza il cre­derlo esistente fino da tempi de Romani. Dal Registro grosso lib. I. pag. 17. rilevasi , che nel 1123 questo popolo co' suoi vicini di Sanguineta, e di Capriglio diedesi sotto la clientela e protezione de' Bolognesi, loro donando, ed a Vittore Vescovo per la Mensa Vescovile, alcuni edifici, che fu promesso di mai alienare, e fu assicurato con gl’altri di protezione contro chiun­que eccettuato l'imperatore. Dova essere na­turalmente all' uso di que' tempi un Castello, e era sicuramente nel 1279 ( * ). Dalla Cronaca miscella (429) si hà, che nel 1322 i Modenesi, d' ordine di Passarino Bonacossa da Mantova, spediron sotto alle mura di questo Castello quantità dì Soldati a piedi ed a cavallo per levarlo a Bolognesi, mà andò loro fallito il colpo perché soccorso a tempo da essi restaron prigionieri 25 Uo­mini de' Modenesi che furono impiccati, e gl'al­tri diedonsi alla fuga.

Devesi questa valorosa resistenza alla bravu­ra del Co. Federico da Panico, alla di cui custodia consegnollo il Consiglio fino dal 1312, aven­dolo tolto ad un mal'Uomo, di cui è ignoto il nome (430). Era tuttavia nel 1323 Castellano della Ròcca di Rodiano il suddetto Conte Fede­rico e raccogliesi d' altronde che fosse uno de' bravi guerrieri della sua età; da questo dovrebbesi argomentare essere stato luogo d' importan­za, con tutto questo i sapienti deputati dal Consiglio a visitare e render conto delle Ròcche o fortezze del Contado in questo stesso anno alli 22. di Agosto, decretarono alli 7. di Ottobre di doversi demolire, e la loro proposta passò in Consiglio (431). Non successe però questa demo­lizione, così assicurando la risoluzione presasi nel Febbraio dell' anno susseguente 1324 dallo stesso Consiglio di spedirsi Soldatesca ed armi a varie Cartella da potersi difendere, e trà queste a Rodia­no. Vie più rimane confermato dalla valida resistenza fatta da questo stesso Castello nel 1334, nel quale fù da Conti da Pànico che do­veano averlo prima riconsegnato al Comune di Bologna, almeno Federico, alli 26 di Luglio occupato, e non prima delli 3 di Ottobre reso a Bolognesi, le di cui milizie molti assalti dieron­gli inutilmente, anzi pagandoli a prezzo di sangue; e non fi arrendè per debolezza di fortificazioni ma probabilmente per mancanza di viveri, giacchè la resa fu capitolata salvo l'onore e le perfone, e con tali patti fu eseguita ed ac­cettata. Se i Conti l'occupassero per qual­che pretensione suscitata in que' tempi di turbo­lenza per la concessione a loro antenati fatta, come del vicinissimo Cavriglio già Capriglio, da Corrado Cancelliere di FEDERICO II. nel 1221 (434), o per altro motivo, la storia del fatto con troppa semplicità da Cronisti nella nota (433) citati è stata a noi tramandata per non poterne decidere, ciò che per altro può far sospettare le pretese de' Conti si è, che fin dopo il 1550, come raccogliesi dall'elenco Muzzoli, era la sua Chiesa giuspadronato de' Conti suddetti , e la pa­rola reddatur del documento riportato alla nota (430). Fù da un Bombaroni circa il 1346 nuo­vamente occupato e fatto ribellare Rodiàno, ma fa ricuperato, ed il traditore assoluto (435). Chi combinerà quanto noi diciamo con quello ne dissero il Sigonio ed il Ghirardacci, troverà sovente che non andiamo d' accordo, ma combinando il da noi esposto con quello de' documenti citati avrà luogo ad essere di noi contento. L’estimo de' Fumanti di questoo Comune fu fatto ascendere nel 1451 a lire mille, ed il regalo da esso fatto nel 1454 a Sante Bentivogli fu di cinque CCapretti

E finiamo questo articolo accennando di volo, che il terreno di questo territorio, nel quale non ci si è presentata cosa rara in materia di fossili, assomiglia a quello di Prunarolo, di Liserna, di Calvenzano, e degl’altri Comuni ad esso confinanti.  

(*) Rilevasi da un Rogito conservato nell' Archivio di S. Francesco fatto li 19. Novembre 1279 , e rogato da Graziadio da Piumazzo nel Cartello di Rodiano.

 

 

Arturo Palmieri  (Scola 24 settembre 1873 - Riola 9 giugno 1944) avvocato, fu storico della montagna bolognese del medioevo, autore di "In Rocchetta con Cesare Mattei" e del famoso "La montagna bolognese del Medioevo" (1929) oltre che di numerosi scritti ed importanti studi ancora oggi molto considerati in ambiente accademico.

 

Serafino Calindri - Nacque a Perugia nel dicembre 1733. A Roma studiò discipline matematiche con Ruggero Boscovich e architettura civile con Luigi Vanvitelli. Nel 1762 fu chiamato a sovrintendere ai lavori di sistemazione del porto di Rimini. Il nome del Calindri è tuttavia principalmente legato alla compilazione di un dizionarioatlante che, nelle intenzioni dell'autore, avrebbe dovuto illustrare l'Italia nei più diversi aspetti (economici, storici, statistici, topografici, fisici, geologici), ma che solo in parte riuscì ad essere dato alle stampe (Dizionario corografico, georgico, orittologico, storico della Italia, composto su le osservazioni fatte immediatamente sopra ciascun luogo per lo stato presente, e su le migliori memorie storiche e documenti autentici combinati sopra luogo per lo stato antico, 1781-1785). Benché non possa essere considerata una opera riuscita né sotto il profilo scientifico né sotto quello pratico, il Dizionario rimane tuttavia una fonte di indubbio valore per la conoscenza della realtà economico-sociale del Bolognese nell'ultimo quarto del '700, grazie soprattutto alle notizie di prima mano fornite al C. da corrispondenti locali. Apprezzabili, malgrado alcune imprecisioni, anche le serie di notizie attinenti alla situazione geografica e fisica della zona esaminata, in cui il C. mostra di sentirsi a suo agio soprattutto nelle rilevazioni di carattere idrografico. Fu senza dubbio un uomo dotato di ingegno vivace, ma non immune da presunzione e da spirito di avventura. Ebbe due mogli e trentacinque figli. Rimasto vedovo per la seconda volta, fu ordinato sacerdote da mons. Filippo Angelico Becchetti (presumibilmente nel 1801), e nominato parroco della chiesa di S. Cristoforo nella diocesi di Città della Pieve, dove morì nel gennaio 1811.