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Il tempio urbano dedicato a Tinia
A sinistra la veduta aerea delle fondamenta del tempio; al centro schema della base; a destra ricostruzione virtuale.
Gli scavi condotti dal 1999 ad oggi nell’area urbana di Marzabotto dal Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna, hanno messo in luce un monumentale tempio, del quale non si sospettava l’esistenza. L’edificio, conservato solamente al livello più basso delle fondazioni a causa delle depredazioni subite in antico e dei lavori agricoli che hanno interessato tutto il pianoro, è stato costruito all’interno di un’area sacra che occupa interamente l’isolato 5 della Regio I, all’incrocio tra due grandi assi viari, la plateia A che attraversa la città da nord a sud, e la plateia B che collega la città con l’acropoli. Il tempio, perfettamente inserito nel tessuto urbano, testimonia una progettazione unitaria con la città regolare e pianificata. L’edificio, situato a nord dell’abitato, ne monumentalizzava l’accesso settentrionale, con un effetto visivo di sicuro impatto per chi entrava in città dalla strada extra-urbana proveniente da Bologna. L’area sacra in città fungeva probabilmente anche da polo di aggregazione politica e sociale per tutta la cittadinanza, con una funzione analoga a quella dell’agorà delle città greche. Inoltre, se si pone in relazione il tempio urbano con gli edifici dell’acropoli, in particolare con l’auguraculum, dal quale veniva effettuato il rito di fondazione della città, l’area dove sorge il tempio urbano appare collocata lungo la linea settentrionale della spectio che consentiva di proiettare a terra il templum celeste. Nella partizione rituale dello spazio urbano, infatti, il tempio di Tinia occupa la medesima posizione in cui, secondo la dottrina etrusca, si trovava la dimora celeste della divinità.
Il tempio è un periptero a pianta rettangolare, orientato in senso nord-sud, conformemente all’abitato e agli edifici sacri dell’acropoli, con sei colonne sui lati lunghi, quattro colonne sulla fronte, e cinque sul retro.
La disparità nel numero delle colonne sui lati corti dipende dall’allineamento delle colonne anteriori con i muri della cella, per consentire una libera visione sulla facciata, mentre sul retro è stata aggiunta una colonna centrale per garantire maggiore stabilità alla peristasi e riempire uno spazio troppo ampio.
L’edificio, che misura m. 35,50 per 21,75, era sopraelevato su un podio delimitato da un muro perimetrale in opera quadrata in travertino, di cui si sono conservate scarse tracce; sulla fronte una poderosa scalinata, della quale restano tracce dei contrafforti laterali in travertino, consentiva l’accesso al pronao.
La cella è suddivisa in un profondo pronao in antis ed adyton bipartito sul retro. All’interno dell’isolato il tempio è decentrato verso ovest, quasi a ridosso del margine della plateia A, mentre dalla plateia B lo separa un piazzale dove dovevano trovare collocazione basi modanate ed altari di fronte al tempio ed emergeva il colonnato in tutta la sua monumentalità.
L’ingresso principale all’area sacra è costituito da un propileo ad H, che interrompendo il muro limite dell’isolato si apriva sulla plateia B, mentre un ingresso secondario si trovava ad est, sullo stenopos, in corrispondenza di un ampio spazio sul lato occidentale, ove sono state rinvenute le fondazioni di edifici con probabili funzioni di servizio al culto. La presenza del propileo induce a ritenere che l’area sacra fosse racchiusa da un muro di temenos, i cui margini coincidevano con il muro limite dell’isolato. Il rinvenimento, all’interno dell’area sacra, di un’iscrizione di dedica a Tinia, il sommo dio etrusco, assimilabile a Zeus, testimonia il culto di tale divinità alla quale era dedicato questo grande tempio. Nella planimetria del tempio appaiono inseriti elementi architettonici comuni ad altri templi etrusco-italici e di considerevole importanza nel rituale etrusco, quali il podio e i principi di frontalità ed assialità, in un modello architettonico di chiara marca greco-occidentale. Il tempio di Marzabotto presenta inoltre significative analogie con la planimetria del tempio grande di Vulci e con quella del tempio B di Pyrgi. Tale modello architettonico è pervenuto a Marzabotto direttamente dall’Etruria meridionale, probabilmente tramite la mediazione di centri dell’Etruria settentrionale, come Volterra.
Gli elementi architettonici ed i confronti sul piano culturale suggeriti dalla planimetria del tempio inducono a collocare la realizzazione dell’edificio attorno al 480-470 a.C. Tra gli scarsi elementi di decorazione architettonica recuperati nell’area, frammenti di antefisse nimbate e di lastre di rivestimento, spicca il frammento di una lastra di copertura decorata ad altorilievo con torso maschile nudo, realizzata nella seconda metà del V secolo, in occasione di una ristrutturazione del tetto.
Devono probabilmente essere ricondotti al tempio anche due parti di statue in marmo greco rinvenuti precedentemente in abitato, non lontano dal tempio, un frammento di pube e soprattutto la nota testa di kouros, esposta in Museo, elementi che trovano collocazione primaria in aree santuariali.
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Nel 1782 Serafino Calindri nel Dizionario Corografico Georgico Orittologico Storico dell'Italia osservava l'esistenza di muri di antichi edifici nel Pian di Misano dove documentava anche lo svolgersi di attività di scavo alla ricerca di preziosi materiali.
I terreni del Pian di Misano vennero acquistati nel 1831 da parte di G. Aria e da questo momento in poi ebbero inizio la raccolta e la conservazione dei materiali archeologici scoperti nel corso dei lavori agricoli.
Il primo rinvenimento vero e proprio risale al 1839 quando vennero portate alla luce ai piedi dell'acropoli 30 statuette di bronzo, seguite poco dopo da altri bronzetti e da alcune tombe del sepolcreto nord; nel 1856 verranno poi scoperti gli edifici sacri dell'acropoli.
Agli anni 1862-63 si data la prima campagna di scavo regolare relativa all'area meridionale del pianoro di Misano, finanziata da G. Aria e diretta dal conte G. Gozzadini, scopritore della necropoli di Villanova, mentre negli anni 1865-69 si colloca una seconda serie di scavi nei sepolcreti nord ed est.
In occasione del V Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche tenutosi a Bologna nel 1871 si accese il dibattito scientifico sulla città: a dare una corretta interpretazione dei risultati di scavo fu G. Chierici, il quale sostenne che in Marzabotto si trovavano i resti di una città con strade, case, templi e sepolcreti.
Nel 1886 fu E. Brizio a curare l'ampliamento e il riordino di 5 sale della Villa Aria con funzioni di Museo e a dirigere anche, tra il 1888-89, la prima campagna di scavo finanziata dallo Stato e destinata al settore meridionale della città.
Nel 1933 la zona archeologica di Marzabotto e la sua Collezione vennero acquistate dallo Stato e i materiali furono trasferiti da Villa Aria nel nuovo Museo: quest'ultimo, distrutto da un incendio nel 1944, venne ricostruito e inaugurato nel 1949, mentre negli stessi anni venivano portati restauri ai templi, ai sepolcreti e alla città.
Nel 1957 iniziò la propria attività di Soprintendente G.A. Mansuelli, a cui si devono l'ampliamento del Museo, l'edizione di una prima guida e l'avvio di una serie di scavi in vari punti della città con la collaborazione dell'Università di Bologna.
Il 4 novembre 1979 venne inaugurato il nuovo Museo archeologico, su progetto dell'architetto F. Bergonzoni e in base ad un ordinamento curato da G.A. Mansuelli, A.M. Brizzolara, S. De Maria, G. Sassatelli e D. Vitali.
Dal 1988, circa cent'anni dall'inizio degli scavi nella città, sono riprese le indagini sistematiche sul terreno, sia da parte della Soprintendenza Archeologica dell'Emilia Romagna, che da parte del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna.
Testo e immagini prese a prestito dal sito
http://137.204.130.251/Marzabotto/home.htm