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Giorgio Pini, direttore del Resto del Carlino l'11 Ottobre 1944

 

 
Il ministro Bottai al centro, con alla sua sinistra Giorgio Pini Al centro il ministro nazista Ley. Alla sua sinistra Giorgio Pini in camicia nera e stivali  A sinistra: Vito Mussolini, direttore del Giornale d'Italia, del quale Pini fu Caporedattore. Al cenro Nicolò Giani, fondatore di "Mistica fascista". A destra Galeazzo Ciano

 

Nato il 1 Febbraio 1899 a Bologna Giorgio Pini ha frequentato la facoltà di legge. Si iscrisse al fascio nel 1920. Iniziò la carriera giornalistica nel giornale fascista di Bologna “L’Assalto”, fondato da Leandro Arpinati, del quale fu anche direttore. Nel 1923 iniziò ad entrare in contatto diretto con il Duce in qualità di inviato dell’Assalto. Mussolini prima di assumere la carica di primo ministro era stato direttore del “Popolo d’Italia”, giornale da lui stesso fondato, ed aveva sempre seguito con attenzione il giornale dei fascisti bolognesi, così quando Pini iniziò a scrivere i suoi articoli a sostegno dello squadrismo Mussolini lo individuò come una risorsa da coltivare.

Così nel 1925 fu invitato a scrivere anche per “Il Popolo d’Italia”, che era diretto da Arnaldo Mussolini. A fine Ottobre del 1926 fu improvvisamente nominato capo redattore del Resto del Carlino, pur rimanendo direttore dell’”Assalto”. A fine Aprile del 1927, per volere dello stesso Mussolini, fu nominato Direttore del “Resto del Carlino”. Il Duce aveva una grande fretta di fascistizzare tutta la stampa nazionale, e Pini aveva una carriera assicurata dalla sua cieca fede nel Duce.

 

Biografo di Mussolini

Nel 1926 Pini aveva scritto una biografia di Mussolini dal titolo: “Benito Mussolini : la sua vita fino ad oggi, dalla strada al potere”, e la sua ascesa gli aveva creato non pochi nemici, anche nella redazione del Resto del Carlino. D’altra parte il giornale stava perdendo lettori, ed anche Arpinati era scontento della direzione di Pini. Il 3 Marzo 1930 fu estromesso dal capo del fascio bolognese, e Mussolini lo assegnò alla direzione del “Giornale di Genova”

A Genova non ebbe vita facile, perché i giornali da lui diretti perdevano in tiratura, e c’era scontento per i suoi frequenti articoli pubblicati dal “Popolo d’Italia”. Rimase comunque a Genova fino alla fine del 1936, quando Vito Mussolini lo convocò a Milano per sostituire il vecchio caporedattore del “Popolo d’Italia”. Da quel momento ebbe contatti frequentissimi con il Duce, il quale evidentemente voleva imprimere sempre di più la sua personalità sul giornale di famiglia.

Pini continuò anche a lavorare come biografo personale di Mussolini, e nel 1939 uscì una nuova biografia dal titolo “Benito Mussolini” che fu anche tradotta in inglese da Luigi Villari col titolo: The Official Life on Benito Mussolini.

 

Direttore del Resto del Carlino dopo il 25 Luglio 1943

Il 25 Luglio 1943, quando Mussolini fu estromesso ed arrestato, ed al suo posto andò il Maresciallo Badoglio. Da quel giorno al “Giornale d’Italia” fu proibita la pubblicazione. Dal 25 Luglio all’armistizio, poi la liberazione di Mussolini da parte dei Tedeschi. A Metà Settembre Pini fu chiamato a Bologna per dirigere il Resto del Carlino, che dal 25 Luglio era passato alla direzione di un liberale. Arrivato in redazione si dichiarò subito “fascista repubblicano”, come lui stesso racconta nel libro “itinerario tragico”, pubblicato nel 1950 da Omnia, Milano.

Con la RSI il Resto del Carlino assunse la connotazione di bollettino nazifascista. Nulla trapelava dalle pagine del giornale che non fossero elogi alle vittorie ed alle conquiste della Germania. Per Pini evidentemente brillavano ora due stelle: il Duce, e la Germania. Ma soprattutto la Germania. Nei titoli del giornale da Ottobre 1943 a Aprile 1945 le vittorie ed i successi della Germania sono quasi una costante.

Pini era stato scelto come direttore del resto del Carlino perché di lui il Duce poteva fidarsi.

I titoli rimasero sempre gli stessi fino all’Aprile del 1945.

Mai il Carlino diede notizie circostanziate di quanto stava succedendo in Italia, con l’avanzata degli alleati che inesorabilmente stavano spazzando via il fascismo dall’Italia. Fino all’ultimo giorno il direttore Pini volle concentrare l’attenzione su ciò che succedeva lontano dall’Italia, nel fronte orientale, dove l’avanzata sovietica a leggere il Carlino sembrava inesistente.

Il 20 Aprile il Resto del Carlino chiuse i battenti. Pini fuggì a Milano, e dal 21 Aprile iniziò la pubblicazione “Il Corriere dell’Emilia”, poi rinominato “Giornale dell’Emilia”, che prese il posto del Carlino fino al 1953.

 

Pini rimase fascista anche dopo la liberazione

Nel 1950 Pini era un fervente membro del MSI, e non aveva abbandonato la fede. Non è facile capire cosa potesse essersi radicato così fortemente nella sua mente per farlo restare aggrappato alla propria giovinezza, ed alle speranze di una grandezza che credo chiunque, nel 1950, poteva vedere quanto fosse stata illusoria ed effimera, ma soprattutto ingiusta e malefica.

 

 

Itinerario Tragico

Nel libro “Itinerario Tragico” - Milano, Ed (1 gennaio 1950), a proposito di Marzabotto Pini afferma:

“A. Marzabotto una divisione tedesca procedette a una terribile rappresaglia per reagire ai continui disturbi provocati nelle retrovie dagli elementi partigiani. Di quella strage, nonostante la prossimità del luogo, giunsero a Bologna notizie estremamente incerte.”

In realtà sappiamo che il Prefetto Fantozzi aveva tutte le notizie fin dal 2 Ottobre. Don Fornasini, dopo avere informato il segretario comunale di Marzabotto Rag. Agostino Grava, si era recato a Bologna a denunciare alle autorità religiose quanto stava succedendo. Il viceprefetto De Vita sapeva, e il prefetto Fantozzi affermava, in un rapporto per l’investigatore Galli dopo la liberazione, di essersi recato assieme al Podestà Ing. Agnoli presso gli sfollati per raccogliere testimonianze.

D’altra parte la dimostrazione che Pini mente in questo caso viene dalla pagina stessa del Carlino dell’11 Ottobre 1944, dove ben due articoli sono dedicati a smentire le voci che sono circolate in città. Radio Londra aveva dato una dettagliata notizia di quanto era accaduto a Marzabotto già il 6 Ottobre, e molti sfollati avevano vissuto direttamente gli eventi. Ecco quindi il famigerato articolo delle “solite voci incontrollate”, accanto al quale vi è una ossequiosa informazione circa la presenza in città di von Halem, ed accanto a questa vi è un articolo ben più dettagliato che riporta la posizione del Prefetto Fantozzi sul tema.

Quindi di nuovo la domanda è: perché tanto sforzo per smentire una notizia che a dire di Pini non era arrivata in città?

 

 

La pagina del Carlino dell'11 Ottobre 1944 con i 3 articoli citati

 

Ecco qui il testo integrale dei 3 articoli:

Voci inconsistenti - 

Le solite voci incontrollate, prodotto tipico di galoppanti fantasie in tempo di guerra, assicuravano fino a ieri che nel corso di una operazione di polizia contro una banda di fuori-legge, ben centocinquanta fra donne, vecchi e bambini erano stati fucilati da truppe germaniche di rastrellamento nel comune di Marzabotto.

Siamo in grado di smentire queste macabre voci e il fatto da esse propalato. Alla smentita , ufficiale si aggiunge la constatazione compiuta durante un apposito sopraluogo. E' vero che nella zona di Marzabotto è stata eseguita una operazione di polizia contro un nucleo di ribelli il quale ha subìto forti perdite anche nelle persone di pericolosi capibanda, ma fortunatamente non è affatto vero che il rastrellamento abbia prodotto la decimazione e íl sacrificio nientemeno che di

centocinquanta elementi civili. Siamo, dunque, di fronte a una nuova manovra dei soliti incoscienti destinata a cadere nel ridicolo, perché chiunque avesse voluto interpellare un qualsiasi onesto abitante' di Marzabotto o, quanto meno, qualche persona reduce da quei luoghi, avrebbe appreso l'autentica versione dei fatti.

 

Il barone von Halem a Bologna

Riunioni e colloqui con le autorità

Il Console generale di Germania, barone von Halem, che ha sede in Milano, e che già l'anno scorso prese contatto con le nostre autorità, è tornato da alcuni giorni a Bologna e si è attivamente interessato della situazione locale in rapporto alla situazione bellica.

Von Halem ha avuto colloqui coi dirigenti politici, militari e amministrativi, ed ha partecipato a diverse riunioni in cui sono stati prospettati i principali problemi e definite le direttive opportune per assicurare la maggiore possibile normalità di vita e il funzionamento dei pubblici servizi nell'interesse della popolazione.

 

La situazione della città illustrata dal Capo della provincia

Per la normale attività cittadina – le valorose truppe germaniche eviteranno ulteriori rovine a Bologna – Precisazione sui rastrellamenti.

Lunedì nel pomeriggio il Capo provincia ha convocato I dirigenti, di tutte le organizzazioni e di tutte le attività a carattere sindacale ed a­ziendale.

Il Capo provincia ha par­lato brevemente ai convenuti illustrando sinteticamente l'o­dierna situazione di Bologna e della provincia in relazione alle eccezionali contingenze belliche. Egli ha fatto rilevare che, malgrado le difficoltà enormi del momento, la vita di Bologna e della provincia, specialmente nel settore ali­mentare, nei servizi pubblici e nelle sue più urgenti necessità, ha continuato a man­ tenere, nei limiti consentiti i delle difficoltà inerenti alla vicinanza del fronte ed alla mancanza di adeguati mezzi di trasporto e di comunica­zione, un ritmo quasi normale. A questo punto ha fatto un vivo elogio al vari dirigenti che si sono prodigati, con spi­rito di patriottismo, ognuno nel suo settore, per ovviare alle difficoltà del momento. Ha detto che oggi, più che mai, le autorità e i dirigenti, in perfetto spirito di collaborazione, devono intensificare i loro sforzo e la loro opera ed adoprarsi, con accresciuta abnegazione, acciocchè alla popolazione di Bologna e della provincia, già duramente provata dai rigori della guerra e della barbarie nemica, sia risparmiato il caos e il disordine e possa continuare ad avere, anche in momenti eccezzionalissimi, quel conforto materiale e quella assistenza avuta sempre per il passato da parte delle autorità e de dirigenti tutti.

Il Capo provincia ha letto inoltre, un telegramma invia­to al Duce nel quale si fa presente che mentre il rombo del cannone si avvicina alla città, i suoi dirigenti sono ai loro posti di lavoro e di responsabilità decisi a compiere serenamente, sino all'ultimo, il lavoro e i compiti ad essi affidati per alleviare le sofferenze, í disagi, i dolori del­la popolazione.

Ha esortato tutti a non prestare fede alla pletoria di voci false e tendenziose messe in circolazione in questi giorni da elementi al soldo del nemico e di fare opera di persuasione presso i rispettivi dipendenti perché il lavoro non abbia arresti nocivi e continui a svolgersi normalmente per la tranquillità ed il bene comuni.

Ha detto, inoltre, che le Autorità militari germaniche, con quello spirito cavalleresco e di comprensione che ha sempre animato i nostri alleati, hanno confermatoche Bologna sarà da loro rispettata e le valorose truppe tedesche eviteranno che ulteriori rovine vengano inflitte alla città già tanto provata.

Il Capo provincia ha anche dichiarato che tra le notizie fatte circolare in questi gior­ni vi è quella di una probabi­le mancanza dì acqua, gas, elettricità ed ha aggiunto che non saranno certamente i soldati tedeschi ad infierire con­tro la popolazione civile ita­liana privandola del neces­sario.

Parlando dei recenti rastrellamenti ha reso noto che que­sti sono stati effettuati per urgenti necessità di lavoro. Ha aggiunto che gli italiani reclutati a Bologna o in pro­vincia per tali necessità contingenti non vanno lontano e sono trattati bene.

Infine ha invitato tutti i dirigenti ad esporre i loro punti di vista per una fattiva colla­borazione ed ha concluso con l’esortazione a lavorare e spe­rare con immutata fede per il bene la salvezza della Pa­ria che non può perire e che risorgerà, con l’aiuto dei ca­merati tedeschi e per volontà dei suoi figli minori.

 

 

Tre articoli collegati fra loro per dare ufficialità e credibilità alla smentita

Si deve notare che i tre articoli sono collegati, perché in sostanza l’articolo riferito al capo della provincia avvalora indirettamente quello molto più diretto che smentisce la strage di Marzabotto. Quello apparentemente innocuo sulla presenza di von Halem ha a mio parere lo scopo di informare i funzionari del regime, che in qualche modo sanno di ciò che è avvenuto a Marzabotto, che le autorità tedesche stanno prendendo provvedimenti per arrestare il dilagare di pratiche terroristiche fra la popolazione inerme.

 

 

Intervista a Pini di Nazario Sauro Onofri

A pagina 25 del libro "Marzabotto non dimentica Walter Reder", di Nazario Sauro Onofri (grafica lavino editrice 1985), scrive l’autore:

Molti anni dopo, quando chiesi a Giorgio Pini - che era stato direttore del giornale in quel periodo - il perché di quel trafiletto, mi disse che, su richiesta di Fantozzi, aveva assunto informazioni presso

ambienti tedeschi, compreso il suo vecchio amico von Halem. Quando questi gli diede la versione menzognera che aveva già fornito al prefetto, incarico un redattore di scrivere il trafiletto famigerato che avrebbe dovuto tranquillizzare la popolazione.

Oggi - mi disse Pini - il contrasto tra quel comunicato e la realtà, che si è saputa poi, è tale che la cosa mi mette a disagio.

A disagio, per quella strage, dovettero trovarsi in molti, sia tra i tedeschi che tra i fascisti, anche se poi non ebbero il coraggio morale e civile di dissociarsi, neppure nel dopoguerra quando non correvano più alcun pericolo.

Dollmann ha dedicato un libro al suo soggiorno italiano, “Roma nazista”, nel quale vi e un capitolo intitolato “Terrore nel nord”, ma non ha scritto una sola riga su Marzabotto. E lui, come ufficiale superiore delle SS e come membro della delegazione che rassicuro Fantozzi, doveva sapere molto .sulla strage, se non è addirittura uno dei responsabili. il generale von Senger - uno junker tedesco, nobile e cattolico praticante - ha scritto un libro di memorie dal titolo vagamente romantico:

“Combattere senza paura e senza speranza. Anche se arrivò a Bologna a cose fatte, nel libro non c'è il minimo riferimento alla strage e nessuna parola di cristiana pietà per le vittime. Anche

lui, come Dollmann, ha preferito fare opera di rimozione; si è limitato a scrivere che assunse il comando della 14^ armata il 15 ottobre quando il suo predecessore ebbe un attacco di sinusite.

Mario Agnoli, che fu podestà fascista durante la repubblichina di Salo, dedica poche righe a Marzabotto nel libro di memorie “Bologna città aperta”. Ha scritto che quando vide entrare nella sede comunale una donna profuga da Marzabotto, con un figlioletto in braccio, convenne con se stesso “come fosse stato inumano usare una così feroce rappresaglia verso vittime innocenti: donne, bambini, vecchi, sacerdoti”.

Non molto per un crimine cosi infame.

   

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