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Oratorio di Santa Barbara fotografato da LUIGI FANTINI

in: Antichi edifici della montagna bolognese. Volume II p. 501

 

L’Oratorio di Santa Barbara, distrutto nel 1944 per eventi bellici (1940). E’ ricordato dal Calindri (Dizionario Corografico-storico, I Bologna 1781, pp. 207-208) con queste parole: “E’ osservabile questo oratorio per la veduta ed orizonte che godesi dalla sua situazione, per una curiosa lapide in pietra arenaria, quasi corrosa dal tempo, incastrata nella sua facciata alla sinistra della porta per chi entra; la quale dice: 1450 A. F. far luy a le sue spese quest’ancona e ce riuscì” Concio d’arenaria rinvenuto tra le macerie dell’oratorio di S. barbara; vi si legge tuttavia, malgrado il grave stato di deterioramento: MCCCCLII FATA DI XXI / APRILE FATA PIERO DE IACOMO DE ST … (1950)

 

 

 

 

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 TRACCE STORICHE DELLA CHIESA D'IGNANO

Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna Ritratte e Descritte

Tomo terzo - Bologna 1849

 

Il Castello d' Ignaro sorgeva da remotissimi tempi ore la oggi è posto l'oratorio dedicato a S. barbara , ed un tempo a S. Giorgio, nè lontano da questo sulla vetta di uno scoglio arenario che s’innalza sulle sponde del fiume Setta, una Torre fortificata della quale non restato che gli avanzi. Miserande ricordanze del prepotente feudalesimo dei bassi tempi, e di usurpato potere del forte sul debole. L' ignorarsi l'epoca della fondazione dell’attual Chiesa Parrocchiale d'Ignano, ed il non farsi memoria di essa se non dopo il XIII secolo fa ragionevolmente credere che il suddetto Oratorio di San Giorgio comechè situato entro il Castello e denomina ancora in oggi S. Giorgio del Castello, costituisce la chiesa Parrocchiale, e che da poi questo distrutto, si erigesse a parrocchiale l’attual chiesa di S. Maria, non lontano da detto Castello. Imponente è la veduta che godesi da questo Oratorio, che ci presenta poi anche uno strano monumento in una lapide di Pietra arenaria quasi corrosa dal tempo, ed immessa nel muro di prospetto alla destra della Porta d' Ingresso ove veggonsi scolpite queste parole “1450 A. F. far luy a le sue spese quest’Ancona e ci riuscì” .

Venne da questo Castello e forse di egli e col dominio il nome la ricca e potente famiglia d’Ignano che produsse tanti uomini celebri sino da remoti tempi, e che splendè per ricchezza a modo di emulare le più doviziose d’Italia.

Rilevasi da libri del pubblico estimo del 1281, che sebbene questa famiglia fosse in più rami divisi, pure il solo Giovanni da Ignano, il quale fu Podestà di Alessandria nel 1298; Capitano e Podestà della stessa città nel 1302, Capitano di Milano nel 1304, e Capitano di Roma nel 1305 – e nel 1308 per lire 24,000 – ingente somma per quei tempi, e che rendevalo, come si disse, uno dei più ricchi Signori d’Italia.

Da qui pure dedussero, ed esistevano di questo tempo,le famiglie di un Francesco di Petrizolo, con estimo di Lire 3,000 – Ed uguale se n’ebbe Gio. Donato di Fra Francesco (forse Cavaliere dell’ordine della Penitenza.) A quello Lire 6,000 ascendeva l’estimo di Jacopo d’Ignano dottore. Come venissero meno nella famiglia d’Ignano tante smisurate ricchezze, s’ignora, ma ben è a sospettare , che ritrovandosi nel 1328 e nel 1334 compresi nel numero de’ Fazionarii e Banditi da Bologna un Luca ed un Francesco da Ignano, volgessero a ruina, soverchiati com’era di quel tempo, da più forti sostenitori di fazione ad essa avversa.- Ben è a credersi pertanto che detto Castello d’Ignano si fosse elevato a prospero stalo, se era da sì potenti e ricche famiglie abitato. Né forse decadde che allorquando li Conti da Panico soverchiando di potenza ogni loro vicino li ridussero colle loro terre a soggezione, per essere poi alla loro volta, come lo furono da Bologna, prostrati da grossi Municipi.

Era soggetta questa Chiesa nel 1378 si Plabanato di Panico, dalla qual giurisdizione passò a quella di S. Martino di Caprara, dopo che quest’ultima chiesa fu eretta in Plebanale nel 1608, e tutt’ora vi si conserva. Il di lei Giuspatronato fu sempre della Mensa Arcivescovile di Bologna. Secondo una visita di Monsignor Agostino Zanetti Vescovo di Sebaste in partibus, e suffraganeo del Cardinale Alessandro Campeggi delli 7 Settembre 1544 apparisce che alla Chiesa della Villa d’Ignano erano unite altre due chiese, e cioè quella di S. Gio. Battista di Pariano, e di S. Giorgio di Castello, esistenti ambedue sino dal 1378. La prima funne in seguito separata e ridotta a semplice Benefizio, la seconda restossi sempre unita alla Chiesa matrice, e ne divenne come sussidiale.

Fu questa chiesa ricostrutta con buona architettura sulla metà del Secolo XVIII. E’ d’essa di tre Arcate, due delle quali compongono il corpo della Chiesa, l’altra serve al maggior altare. Ha oltre quest’ultimo due altari laterali. La tavola del pri­mo rappresenta l'Assunzione di Maria, li minori sono dedicati l' uno alla B. V. del Rosario, l' altro a S. Giuseppe. Ha pure il fonte Battesimale. La fronte della Chiesa volge a Levante , e sopra la Porta mag­giore leggesi incisa in Pietra nera la seguente in­scrizione.

D.O.M.

TEMPIO . VETERE . HVMILITER . CONSTRVCTO

INJVRIA . TEMPORVM . COLLABENTE

NOVUM . HOC . CVM . SACRAR . IN . AVGVSTIORE . FORMA

AERE . EX . ELEMOSIN . CONSVET . COLLECT . AG

R . D . D . FRANCISCI . FABA . RECTORIS

NEG . NON . PARROCHIANORVM

PIA . LIBERALITATES

A . FVNDAMENTIS . EXCITATVM . FVIT

PICTISQVE . TABVLIS . ORNATVM

A . D . MDCCLXII .

Il Campanile dl bella forma venie eretto nel 1778 ed è fornito di tre Campane. Dista questa da Bologna 14 miglia ed è nel distretto di Marzabotto. Regge detta Parrocchia I' ottimo Sacerdote D. Antonio Maria Poggioli, ed ascende il numero de' Parroc­chiani a soli trecento circa. Confina a Levante colle Parrocchie di Vado, Monterumici , e Badalo, a Po­nente con S. Silvestro e Panico, a Settentrione con Canovella, a Mezzogiorno con Casalia di Caprara.

Ha due Oratori de' quali l’uno dedicato a S. Gior­gio e S. Barbara il quale come si disse è in oggi sussidiale alla Chiesa Parrocchiale, e che fu forse un tempo la parrocchia di Chiesa d'Ignano, l’altro sa­cro alli Santi Giuseppe e Domenico in luogo appel­lato Lamma di Setta dedicato a Ss. Giuseppe e Do­menico che appartiate in oggi al sig. Domenico Stanzani. L' uno e l’altro sono di grande vantaggio e comodo alla popolazione ed al Parroco per ammi­nistrare li Sacramenti specialmente a quelli che abi­tano la sommità del monte, od oltre il fiume Setta.

DOTT. AURELI

 

 

 

   
Incisione della chiesa vista dal lato nord Incisione della chiesa vista di fronte Montagna bolognese medioevale - dal libro di A.Palmieri

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TRACCE STORICHE DELLA CHIESA D'IGNANO

   
Incisione della chiesa vista dal lato nord Incisione della chiesa vista di fronte Montagna bolognese medioevale - dal libro di A.Palmieri

 

 

Serafino Calindri – Dizionario Corografico, Georgico, Orittologico, Storico della Italia

Edizione 1781-1785

 

Ignano (circa 13 miglia lontano da Bologna fuori di porta Saragozza alla sinistra riva del Setta in una pendice) – Vol III pag 94 - 98

Comune e Parrocchia composta da 254 anime divise in 48 Famiglie confinata dalle Parrocchie di Sperticano, di Stanzano, di Casaglia di Caprara, e di Vado. Il suo titolare è S. Maria; e la collazione appartiene immediatamente alla Mensa Arcivescovile di Bologna.    Ha sotto di se l’Oratorio di S. Barbara vicino alle rovine di una antica Rocca dell’uno e dell’altra delle quali abbiamo già parlato (76- Vol. I pag. 207, 208 e 209).  L’aria v’è ottima morendo gli adulti meno di uno per cento all’anno. Molta e buona Uva, fra la quale una estesa Vigna di buon Aleatico dell’Arciprete Paselli, molta Frutta, molti Boschi e Legna, molta Seta, non molte Castagne, sufficiente quantità di Fieno, poco pascolo ad Erba dalle sue estese terre a sodo, pochissima Canape, tre misure per ogni semente del Grano, e meno dà pochissimi Marzatelli che vi si seminano sono i prodotti di questo Territorio, nel quale nel quale altro Artista non v’è, che un Molinaro.    Il terreno di questo Comune è metà arenoso intersecato da un elevato banco di Ghiaia fluviale, in parte indurita a consistenza di scoglio, e che s’innalza fin presso la sommità dè Monti che alla Parrocchia sovrastano, una parte è di duro tufo arenario ripieno di quantità di Mica e di Selenite, e l’altra metà è cretoso. A noi non si è quivi presentata cosa da ricordarsi per la Storia Naturale fuori del sin qui detto, ne alcun Borghetto v’è dove abiti popolazione unita.

Da questo Castello ora semplice Comune venne in Bologna una famiglia ricca e potente, che ha goduto i primi onori, che ha dato al Mondo Uomini di merito, e che si è estinta non moltissimo tempo indietro; fu questa tra Conti e padrona del Castello, della Rocca descritta di S. Barbara, e di altra Rocca che sopra la vetta rimanea di un ispido monticello, il quale a poca distanza dalla Setta s’innalza, e nel quale vedonsi ancora della stessa gl’avanzi, quando siano state demolite non si può rilevarsi dalla Storia, che lo tace, dalle mura però rimaste, e dalla maniera nella quale son fatte, sembra ciò accaduto o nel quattordecimo, o nel quintodecimo Secolo. Nel 1281 deducesi dà Libri dè publici Estimi conservati nel publico Archivio, che in què tempi già era diramata questa famiglia in più Case, che però tutte avevano un grosso Estimo, il maggiore dè quali era quello della famiglia di Giovanni da Ignano, che dice erooneamente il Ghirardacci essere della famiglia d’Agnano (77 – par. 2 pag. 439); fù questo Podestà di Alesandria nel 1298, Capitano e Podestà della stessa Città nel 1302, Capitano di Milano nel 1304, e Capitano di Roma nel 1305, nel quale anno lo fa vedere la partita del suo Estimo ricchissimo, giacchè ascende alla in allora oltremodo ragguardevole somma di libre 9600; e più ricco ancora nel 1308, giacchè ascende il suo Estimo alla eccedente somma di libre ventiquattro mila, che lo mostra uno dè più ricchi Signori d’Italia di què tempi, tanto fruttato ad esso aveano gl’onorifici impieghi avuti ed esercitati come sopra si disse. Eranvi altresì in questo tempo altri ricchi Signori di questo Luogo, cioè un Francesco di Petrizolo il di cui Estimo ascendeva a 3000 libre, ed alla stessa somma ascendeva quello di Gio Donato di Frà Francesco, forse Cavaliere dell’ordine della Penitenza, a quella di 6000 libre d’Estimo ascendeva il possesso di Jacopo d’Ignano Dottore, ed a quella di 2000 quelli di Omodeo e Berto di Jiacopo, e di Filippo di Petrizolo da Ignano. Fù Podestà di reggio nel 1310, e nel 1314, e 1315. Ugolino Leazari da Ignano, e fu Podestà del Contatdo d’Imola pè Bolognesi nel 1376. Marsiglio di Alberghetto Leazari d’Ignano, che fu forse discendente da Ugolino. Come finisse, e per quali ragioni la gran ricchezza di Giovanni non si sa dalla Storia, ma trovandosi nel 1328, e nel 1334 compresi nel numero dè fazionari e dè banditi da Bologna un Luca ed un Francesco da Ignano (78 – Cron. Misc. Ital. Script. … 348, e 361) può ragionevolmente sospettarsi, che montati in troppa alterigia i suoi successori per la soverchia ricchezza, l’andassero smaltendo con fare delle bravure, delle grosse spese, dè grandiosi trattamenti, e calassero con ciò al basso, ordinaria vicenda di chi non sa fare buon uso delle ricchezze mondane.

 

(76- Vol. I pag. 207, 208 e 209).

S. Barbara (Rimane sull’alto di un Monte detto di S. Barbara nella Parrocchia e Comune d’Ignano fuori di Porta Saragozza tra il Reno e il Setta)

E’ questo un Oratorio annesso e sussidiale di S. Maria d’Ignano, la cui instituzione ci è ignota, se pure non ha mutato il titolare antico di S. Giorgio nel presente di S. Barbara, la qual Chiesa di S. Giorgio troviamo unita nell’Elenco del 1632 a quella di S. Maria. E’ osservabile quest’Oratorio per la veduta, ed orizonte, che godesi dalla sua situazione, per una curiosa lapide in pietra arenaria, quasi corrosa dal tempo, incastrata nella sua facciata alla sinistra della porta per chi entra; la quale dice: 1450. A. F. far luy a le sue spese quest’Ancona e ce riuscì. Poche pertiche lontano da questo Oratorio sull’alto di un grande Scoglio arenario, e tofaceo, divenuto rosso pel fuoco accesovi scosceso dalla parte, che guarda la Setta, vi sono gli avanzi di un antica Rocca, o fortificata Torre, lunga Piedi 20, larga 18, bolognesi. Un banco di ghiaia fluviale taglia attraverso questo scoglio, e stendesi verso la Chiesa d’Ignano, e nella totale estensione del rimanente Scoglio trovasi quantità di Selenite, e Quarzo in grani arenari divisa, e certe piccolissime giaroline di colore tanè, angolose, ma levigate. Sotto qual nome debbansi cercare le notizie dell’uso e dè fatti accaduti intorno a questa Rocca, a qual tempo debba fissarsi la sua fabbrica, a quale la sua distruzione, e se fosse del Pubblico, o dè Conti de Panico noi nol sappiamo, ne dalla Storia bolognese ne siamo stati in alcun modo istrutti, e però sarà questo uno di què Luoghi, che darà campo dopo di noi di cercar negli archivi ad un qualche erudito ciò, che a noi non è riuscito di trovare.

 

Angolo di muro dell'oratorio con rinforzi tipici delle torri Dettaglio con pietre perfettamente tagliate Interno dell'oratorio di Santa Barbara
Muro con pietre a feritoia Muro dell'oratorio dal quale si vedono le grandi pietre perfettamente tagliate Rinforzi tipici delle torri nei ruderi dell'Oratorio
    
 Crinale di Monte Sole visto da Pian di Venola. Il monte S. Barbara sulla cui cima sorgeva il castello di cui parla il Calindri, è visibile come massimo rilievo a sinistra dell'immagine. Sulla desra, da destra, M. Caprara, M.Sole (un pò dietro) e M. Abelle
 Ruderi dell'oratorio difficili da scorgere dall'antica strada che da Volta porta sulla cima del monte S.Barbara

 

 foto s.muratori

 

 

 

 

 

 

DIECI ANNI DI VITA TRA IL ’40 E IL ’50 A SASSO E DINTORNI

 

LE TESTIMONIANZE DI MARTINO RIGHI DA REGISTRAZIONE DEL 2002 INTEGRATE CON QUELLE DI GIANNA DALL’OMO DA REGISTRAZIONE DEL 2012.

 

 

capitolo 9

  IL DOPOGUERRA

 

Pian piano si torna alla vita normale e così Martino cerca un lavoro per cominciare a guadagnare qualche soldino, pur continuando ad aiutare suo padre nei campi, soprattutto per il trasporto del fieno. 
Dapprima trovò lavoro presso la ditta Scardovi, che faceva dei lavori nella stazione dei treni di Sasso. Vi lavorava anche il futuro suocero, Pietro, appena ripresosi dalla grave malattia contratta lavorando nella Linea Gotica. Era il mese di luglio del 1945. 
Dopo appena un mese, nell’agosto del ’45, Martino venne chiamato a lavorare nel Comune di Sasso Marconi, in qualità di guardia comunale. 
Lavorava in coppia con Vittorio Suzzi, ben ricordato da Gianni Pellegrini in “Vittorio Suzzi.
Dalla parte giusta. Dialoghi con Martino” pubblicato dall’ANPI in data 2010. 
A quei tempi non avevano né divisa nè traffico da controllare, se si esclude qualche bicicletta senza catarifrangente. 
Il loro compito era quello di perlustrare il territorio del comune, per individuare il materiale abbandonato dai Tedeschi, farlo recuperare dagli operai, con i pochi mezzi allora a disposizione, per poi trasportarlo nel magazzino comunale. 
Il magazzino era situato in un recinto dietro al cinema e tutto il materiale, comprendente anche ferro e rame, veniva scaricato lì, patrimonio a disposizione del Comune, che poteva usare o vendere.  
Successivamente, Martino, che aveva ancora la pallottola conficcata nel pleura e non si poteva più estrarre, venne chiamato in ospedale per una visita, allo scopo di verificare se era nelle condizioni di aver diritto ad una pensione. 
Il colonnello Comelli, radiologo di professione (causa della sua morte prematura per tumore), volle assistere alla visita, per sincerarsi che Martino fosse trattato correttamente.  Così, il giorno della visita, Martino passò dalla casa di via Frassinago, presero il tram e andarono insieme all’ospedale militare, che allora era vicino al Tribunale. 
La radiografia mostrò inequivocabilmente la pallottola là nella sua sede. 
Gli assegnarono per due anni la pensione di guerra, rinnovabile.

I soldi della pensione si fecero attendere: non arrivavano mai! 
Passarono alcuni anni. 
Nel frattempo avevo rivisto la Gianna, quella ragazzina amica di mia sorella Ede. Quasi non la riconoscevo: con la guerra si era sviluppata ed era diventata una bella ragazza, di cui subito mi innamorai. Pensai: voglio provare a filare con lei. 
Cominciammo a frequentarci, insieme ad altre coppie di amici. 
Quei primi anni del dopoguerra furono molto intensi, quasi a voler recuperare il tempo perduto. Eravamo impegnati nelle attività di partito, la sera si ballava, si sudava, si prendeva freddo e… si mangiava male. 

Lino Lucchi, Arnaldo Gandolfi e Martino Righi si godono il sole del dopoguerra in fiume

Così, nell’estate del ’46, mi ammalai di pleurite e fui ricoverato, per due mesi, nel convalescenziario di Lizzano in Belvedere, dove mi avevano mandato dall’ospedale militare. 
C’era anche un mio amico ricoverato lì, che talvolta riceveva la visita di suo padre, il quale arrivava dalla Fontana in bicicletta! Una volta volle aggregarsi a lui anche la Gianna, ma per un contrattempo non ci riuscì.  
Passavano gli anni e noi volevamo sposarci, ma soldi non ce n’erano per metter su casa.  Un bel giorno, eravamo già nel ’49, arrivarono tutti gli arretrati della pensione. Così, riuscii a comprare almeno i mobili della stanza. 
E, quando fu pronto l’appartamento alla Fontana, di proprietà dei Danielli, venne a montarmi quei mobili il falegname che me li aveva venduti, Carlo Grandi, di via Stazione di Sasso. 
Mancavano tutti gli altri mobili, ma c’era la stanza e per noi era già abbastanza per sposarci.  

Ma proprio nel giugno del ’49 arrivò la scomunica, con l’Avviso Sacro del Vaticano, che recitava testualmente:

« Avviso Sacro

Fa peccato grave e non può essere assolto

1.      Chi è iscritto al Partito Comunista.

2.      Chi ne fa propaganda in qualsiasi modo.

3.      Chi vota per esso e per i suoi candidati.

4.      Chi scrive, legge e diffonde la stampa comunista.

5.      Chi rimane nelle organizzazioni comuniste: Camera del Lavoro, Federterra, Fronte della Gioventù, CGIL, UDI, API, ecc…

È scomunicato e apostata

Chi, iscritto o no al Partito Comunista, ne accetta la dottrina atea e anticristiana; chi la difende e chi la diffonde. Queste sanzioni sono estese anche a quei partiti che fanno causa comune con il comunismo.

Decreto del Sant'Uffizio - 28 giugno 1949

N.B. Chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni. »

L’avviso venne pubblicizzato capillarmente con ogni mezzo. Questo volantino affisso ai muri ne è un esempio:

 

 

 

 

E Martino era un attivista convinto del partito comunista…

I matrimoni religiosi erano vietati agli iscritti al Partito Comunista. 
Io non volevo rinnegare la mia tessera del partito e tantomeno la mia appartenenza politica così, se anche lo avessi voluto, non potevo certo sposarmi in chiesa. Comunque ero già così disgustato dalle posizioni della Chiesa, che si aggiungevano alla lunga lista delle connivenze col fascismo del vicino passato, che non volevo avere più  niente a che fare con i preti. 
Io volevo sposarmi solo in Comune!

Martino e la Gianna quindi dovettero ancora superare un grosso scoglio: fare i conti con l’oste. 
La Gianna, in quel periodo ancora critico per i mezzi di trasporto, lavorava da Giordani a Bologna e stava per tutta la settimana lavorativa presso una zia, che, a sua volta, rimasta senza casa con la guerra, era ancora alloggiata con la famiglia nel Seminario di via dei Mille. 
Una domenica, Martino si presentò a casa dei genitori della Gianna ed esordì: abbiamo deciso di sposarci, però ci sposiamo solo in Comune e non in Chiesa. 
Apriti cielo! La madre cominciò a piangere, mentre il padre tuonò inorridito: guardate questi muri qui dentro, guardateli per l’ultima volta, perché dopo non li vedrete mai più!  
Pietro, pur di convinta fede socialista, temeva soprattutto le critiche dei benpensanti per lo scandalo, dato che nella loro comunità non si erano mai visti matrimoni civili! Nessuno ne aveva ancora avuto il coraggio.  

Così Martino e la Gianna non avrebbero comunque potuto sposarsi, perché, essendo la Gianna ancora minorenne, occorreva la firma della patria potestà. Firma che Pietro era ben lungi da apporre. 
Volevano sposarsi entro quell’anno del ’49, ma, visto com’erano andate le cose, dovevano attendere il compimento dei 21 anni della Gianna, il 17 gennaio 1950. 
Passò una settimana da quell’annuncio di Martino a Pietro e all’Alma e, quando, la domenica successiva, Martino passò a prendere la Gianna per andare al cinema, notò qualcosa di diverso in casa. 
Sopra al mobile della cucina c’erano delle bottiglie di liquori fatti in casa, secondo l’usanza di allora. Cos’era successo? 
Durante la settimana, l’Alma aveva a lungo discusso con Pietro, dicendogli che comunque loro si sarebbero sposati in Comune appena possibile, anche senza il suo consenso. 
Per Pietro era divenuta una questione di principio. 
Ma poi si arrese all’evidenza e firmò il suo assenso. 
La mattina del 7 gennaio 1950, i due si sposarono. Con la Gianna ancora minorenne.

Racconta Martino.

Suo padre, per di più, ci regalò la stufa economica, la tavola e quattro seggiole. Tutto in legno massiccio! 
Il matrimonio venne celebrato nel Comune di Sasso Marconi, dal vicesindaco Rossi. Il sindaco era allora Guido Bertacchi. 
Erano le 9 di mattina, era molto freddo e c’era la neve. Così dalla Fontana andammo al Sasso con la macchina del “servizio pubblico” di Giovanola.
  

La Gianna completa il racconto.

Quando ritornammo a casa, mia madre aveva preparato il rinfresco, con dei pasticcini e bottiglie di liquore, naturalmente tutto fatto in casa. C’erano gli amici e tutti i parenti. 
Ma noi lasciammo presto gli invitati, perché dovevamo prendere il treno da Bologna per andare a Firenze, in viaggio di nozze. 
Al nostro ritorno, a mezzogiorno del giorno dopo, seppi che tutta quella gente era rimasta lì, anche dopo la partenza degli sposi, finché mia madre, poveretta, dovette inventare un modo per far saltar fuori la cena a tavola per tutti. Mise su una pentola di brodo, chiesero in prestito una camera dell’appartamento di fronte e apparecchiarono lì. Così la festa poté continuare.

Passati due anni, nacqui io e, dopo altri sette anni, nacque mia sorella.

 

Manuela Righi

 

 

 

 

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